“IL LIBRO” –
IL NEMICO DA ABBATTERE
A “Lui” le auto italiane moderne, quelle dei suoi tempi, non erano mai piaciute.
Le fanciulle italiane, sì.
Molto.
Solo una parentesi con una bellissima Donna del Marocco ma contaminata dal DNA di Parigi.
Una di quelle storie che se le racconti… e qui c’era una pagina con un racconto che descrive quel che avvenne nell’estate rovente del 2003. Fu, quello, un appuntamento al buio al quale “Lui” non voleva andare.
Presagio?
Forse.
“Lui” ha delle doti di intuito e sensibilità fuori dell’ordinario.
Un appuntamento al buio ma neanche tanto: c’era lo zampino di un “certo” Davide, in altri tempi un familiare acquisito per colpa di quell’imbecille della sorella di “Lui”.
Come scrivono quelli che (NON) sanno scrivere: questa è un’altra storia.
Non è online.
Di lei, della “Babbuina Araba” come la chiamava ricorda tre cose: il sorriso, mani e piedini proprio come gli piacciono. Il sorriso fu l’arma letale.
Ma “Lui” non poteva accontentarla per il desiderio di tornare in Marocco con “Lui”. La Babbuina Araba, una principessa in realtà, aveva Jasmine.
Piccola scimmietta di due anni.
Non poteva “Lui” lasciare, in quel tempo seppur così difficile, non poteva lasciare “Tartarughina”. Sacrificò anche la “Balduinense” per “Tartarughina”.
Non servì.
Va bene lo stesso.
Gli costò fatica lasciare la “Balduinense”.
Delle italiane un tempo gli piaceva lo stile, l’abbigliamento elegante consono a quel principio estetico che si raggiunge se lo hai nell’Anima. Puoi vestire con firma ed esse un cafone col portafoglio pieno e puoi comprare sulle bancarelle o agli spacci aziendali ed essere una donna, o un Uomo, che si nota per la presenza, per il carisma, per lo charme. “Lui” aveva un fornitore di fiducia, un buco nel muro in Via dei Campani, dalle parti dello Scalo San Lorenzo. Tal Vittorio. Entravi in quel buco nel muro ed attraverso un labirinto di stanze ed appendi abiti trovavi quel che serviva per ESSERE. Vittorio, gran paraculo, si girava tutte le più celebrate fabbriche e comprava comprava. E rivendeva, rivendeva. Cosa? “Loro Piana” per esempio. Lane estive di pregio o cachemire impareggiabile, in vendita per pochi euro. A volte nel buco nel muro serviva il numeretto. Da quelle parti tutto il terziario avanzato conosceva “Vittorio” ed i suoi prezzi.
Delle italiane, “Lui” cresciuto attaccando veri quadri di nomi illustri della storia dell’arte, studente poco disciplinato a Valle Giulia e Fontanella Borghese ma nominato assistente ufficioso sin dal primo anno per una cattedra importante, delle italiane piaceva l’Anima viva sotto i metalli. Il prof gli affidava spessissimo nei giri con funzione di portaborse, la sua 1750, quella con il volante Nardi. In legno. Roba seria, tanta roba. La coupé la faceva vibrare quando la guidava “Lui”, non le risparmiava gli urli del motore. E lei, la 1750 due porte, guizzava nel traffico dei lungotevere con argento vivo dentro. Che automobile!
Ecco perché ora gli piacevano quelle di Ghidella e quelle di prima ancora quando l’auto italiana era un prodotto di cui andar fieri seppur con qualche difetto. Non gli piacevano quelle di pulloverino, quell’odioso genio di Marchionne, quello della svendita del prodotto italiano per far cassa.
Trovava inaccettabile certe prese per i fondelli come la nuova Thema o come la Jeep che altro non è se non una 500 X vestita in altro modo.
Non si possono usurpare certi nomi e certi marchi con prodotti che in fuoristrada sfasciano gli assi posteriori.
Per non parlare di Thema, un’auto transoceanica che da premium è finita ad auto di piazza.
“Scansata”, poi, pure dai tassinari.
Ma “Lui” ora aveva una esigenza.
Doveva guidare una insospettabile.
E doveva essere davvero insospettabile tanto per il marchio quanto per il modello.
Doveva essere un’auto per la quale “Lui” provava diffidenza (disprezzo) e della quale aveva detto ogni brutta cosa innominabile a cominciare dal nastro adesivo per serrare certe condutture dentro il cofano. E di questo era certo, non solo gli era stato raccontato da autorevole fonte, “Lui” aveva potuto aprire quel cofano con la doppia griglia per le prese d’aria.
Aveva bene in mente il modello, sì era proprio quello.
La Giulia Quadrifoglio.
Di chiederla a Torino (e già questo – la città – dice molto) non se ne parlava neanche. I rapporti erano compromessi da tempo, da quando decise che non sarebbe stato lo scendiletto di Maria, la potente, moderna, MammaFiat.
Fece semplicemente quello che tutti dicevano avrebbero fatto ma non facevano.
Voluto fare ma nei loro sogni.
“Lui” lo fece.
Venne semplicemente “cancellato”.
Ma a “Lui”, quella insospettabile automobile serviva.
Perché, ora, aveva un nemico da abbattere.
NOTE
PER IL SET
E LO SHOOTING
Segue, quando la creatività farà capolino…
Intanto l’ennesima parentesi preludio d’altre scritture nascoste.
No. punto. Nessun sappia i cazzi miei.