“IL LIBRO” – IL GIALLO

Galleria “Extra”

Con queste quattro parole (rif. al titolo della pagina, ndr) più o meno all’alba del secolo ho iniziato a scrivere “Il Libro – Il Giallo”. Da allora ho scritto oltre centocinquanta racconti, alcuni pubblicati in queste pagine altri in pagine più o meno nascoste. Qualche episodio è “finito” pure in televisione, c’è traccia sempre in queste pagine, basta navigare, meglio, sfogliare. Alle foto di tante auto e qualche moto si aggiungono racconti che – secondo alcuni – si leggono d’un fiato.

Mai, in questi anni, venti, mi era capitata una vettura gialla. Un colore che si adatta in modo esemplare al titolo dei miei scritti.

Dunque, anche se la Suzuki Ignis Giallo Nepal non ne è protagonista, ecco un racconto, però significativo, ai fini de “Il Libro – Il Giallo”.

Buona lettura,
dopo il book

Suzuki Ignis
“Giallo Nepal”

(L’autore di scatti e testo)

Nota: SLIDESHOW, il filtro BN è sulla galleria.
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Il Libro –
La condanna, l’esecuzione /

“Lui” si muove.
Per lui non c’è speranza.
Lo ha saputo, “Lui” ha voluto lui lo sapesse.
I suoi giorni, pochi, saranno il conto alla rovescia fino all’attimo del fruscio finale.
Poi il buio.
Allora la sentenza di condanna è eseguita.
L’elemento chiave della cellula europea del commercio verso l’Iraq d’uranio arricchito è fuori del gioco. Osiraq è una faccenda di spionaggio e omicidi con una lunga storia che dall’Atlantico orientale si insinua nei corrotti tessuti sociali occidentali ed orientali di Europa ed Asia Minore. Osiraq è la spina nel fianco dell’Occidente e l’Operazione Babilonia l’inizio delle ostilità proseguite nel corso di oltre trenta anni nelle aree oscure ben frequentate dai servizi dopo la risoluzione 36/27, l’atto ufficiale per dire che “certe cose non si fanno”.
Non era stato complesso identificare il tirafili di quella cellula romana.
Fu lei a portarlo da lui.
Un tipo squallido senza palle.
Discrete le capacità logiche, allenato da certi giochi di corridoio negli ambienti del suo lavoro, un lavoro dal consenso facile.
Così facile che s’era montato la testa al punto di poter, grazie al consenso dei suoi adepti, di poter decidere i destini della Capitale.
Un pugno di mosche, i suoi adepti, con i quali riusciva, però, a far ago della bilancia in certe situazioni dove l’opportunismo è la costante applicazione del famoso Manuale Cencelli.
Ma la costanza non era il suo forte, le capacità decisionali neanche, così lui si barcamenava tra destra e sinistra in funzione di un proprio tornaconto. Un mercenario.
E’ la politica, in Italia. 
Quel lui, con la elle minuscola, era un essere viscido.
Una brutta persona come dicono quelli che non hanno vocabolario.
Viscido è la definizione che meglio dipinge l’essere.
Immondo direbbe uno di quelli che leggono, e praticano, il Corano.
Da questo punto di vista, forse, “Lui” non riusciva a capire come quelli del Corano, appunto, avessero potuto affidargli un ruolo di un certo rilievo nel traffico europeo dell’uranio.
Vero che in Europa quell’uranio doveva solo passare per giungere ad Osiraq ma sempre un incarico delicato era quella posizione.
Probabile che fosse un elemento di facciata e che dietro di lui ci fosse una mente più sveglia.
Era per quel motivo che “Lui” aveva deciso di ucciderlo.
Per far scoprire l’elemento nascosto, per vedere chi avrebbe preso il suo posto.
Quel filo di sangue che attraversava tre continenti non poteva interrompersi.
Chi avrebbe preso il controllo della cellula italiana?
Una mezza idea aveva già da tempo preso forma nella testa di “Lui”.
Ne era certo.
Voleva la verifica di San Tommaso.
Vedere, toccare ed uccidere ancora.
Quell’idea era la derivata della conoscenza abbastanza approfondita che “Lui” aveva di lui.
Lo ricordava sudaticcio quando si sbracava con una esemplare maleducazione su cuscini di un divano che non gli apparteneva.
“Lui”, allora, giocava come il gatto con il topo.
E si divertiva pensando che prima o poi, molto prima e poco poi, avrebbe calato il fendente per tagliare per sempre ogni ponte.
Era stato perfido, “Lui”, gentile, sempre, pronto ad offrire la migliore ospitalità quando lo scarafaggio approdava a quell’indirizzo con le scuse più idiote pur di incontrare quella che poi sarebbe diventata, “Lui” era fortemente convinto, la mente oscura delle trame della cellula europea.
Il coglionazzo sudava, aveva la pressione bassa diceva, in realtà “Lui” sapeva benissimo che al viscido tremavano le gambe.
“Lui”, quello vero, ha sempre avuto una forte personalità, di quelle incrollabili, inscalfibili.
Forse temeva, da codardo, un paio di sberle, così all’improvviso.


Un bel sorriso, una BabyGirl, a distanza di anni, guardando certe sue foto di allora diceva che “Lui” aveva la faccia di figlio di mignotta.
Aveva ragione.
“Lui” sapeva giocare bene le sue partite.
“Lui” aveva capito tutto da tempo e li lasciava giocare, sapendo benissimo che la partita l’avrebbe vinta. 
Ancora qualche istante e se ne sarebbero resi conto. 


Il reticolo dell’arma stava inquadrando da ore quelle finestre proprio sulla strada, tra i pini, quell’appartamento aveva troppi lati scoperti.
Il bersaglio non aveva scampo.
Ora “Lui” s’era rotto il cazzo ed era pronto per agire.
Finiti i tempi degli avvertimenti.
Finiti i tempi della pietà.
Ed ancora una volta aveva deciso che avrebbe commesso un omicidio plateale.
Ne dovevano parlare i giornali e – soprattutto – la mente oscura avrebbe dovuto capire una volta per tutte chi comandava per davvero in quel gioco mortale e capire, una volta per tutte, che nessuno è proprietario di qualcosa, ancor di più di Uomo che non ti appartiene più.
O forse le cazzate pesano?
O forse l’arroganza di una presunta intoccabilità arroga il diritto di un privilegio in realtà inesistente.
O forse la memoria conserva ricordi indelebili?
Una sommatoria, “Lui” conosceva anche le logiche della mente oscura.
E le conosceva bene, aveva contribuito, e neanche poco, allo sviluppo ed alla educazione di quella mente oscura.
Era, dunque, in vantaggio.
In vantaggio anche sulla mente oscura.

©lucaromano, testi e foto. Concessione diritti di pubblicazione foto per Suzuki Italia.