Un individuo dall’andatura claudicante s’allontanava pulendo la sporcizia sul coltello con un candido fazzoletto di lino.
La OBK era parcheggiata nella via dietro l’angolo.
“FACCIA DI GESSO”
La frase, frecciata indispettita di Anna per la imperturbabilità di “Lui”, in quel momento era quanto mai adatta per descrivere la situazione emotiva dipinta sul suo volto di quegli istanti di tensione.
L’elenco dei motivi per cui a “Lui” quel giorno girava male avrebbe riempito pagine e pagine di un diario di bordo.
Fatto è che la frase fuori posto di uno stronzo qualunque gli aveva fatto girare le palle un po’ di più ed aveva deciso che il tipo in questione non l’avrebbe passata liscia.
Del resto un promemoria dopo tanto tempo di inattività su Roma non sarebbe stato una cattiva idea, anzi un giusto puntualizzare il fatto che “Lui” è sempre lì, presente.
Nell’ombra, defilato, sotto traccia ma presente.
Lucida attesa.
Parafrasando definizioni del cazzo, di moda in quel periodo.
Il posto era affollato di avventori.
La sceneggiata dello stronzo aveva fatto zittire gli astanti che – ora – guardavano come al cinema lo svolgersi della fiction.
Ma fiction questa volta non sarebbe stata.
Peggio per lo stronzo che quella mattina era sceso dal letto col piede sbagliato.
O forse era in deficienza di attenzioni della mogliettina, che più saggia, cercava di fargli passare le paturnie mestruali.
Nella foga dello squinternato urlare il tipo non si era accorto di aver già commesso un errore.
Aveva fatto avvicinare “Lui” troppo.
Pessima idea.
Quella di non mantenere una distanza di sicurezza.
Sia al volante che nei fatti della giornata.
Non aveva, il tizio, l’EyeSight di Subaru.
Gli avrebbe salvato la vita.
Così, l’imbecille dal cervello in pappa non aveva prestato attenzione ai movimenti quasi impercettibile che avrebbero potuto fargli capire dell’attacco imminente.
La faccia di gesso non mutava espressione e tanto meno profferiva parola.
Lo guardava come se fosse spento.
Brutto segno.
Brutto segno quando non tradisci emozioni.
Vuol dire che il tuo antagonista non vale un cazzo, la sua vita non vale un cazzo.
L’indifferenza è un’arma micidiale.
A “Lui” tornò in mente un film e la scena della mafia cecena ed il riscatto della giovane prostituta.
Scena piena di fredda determinazione e cattiveria.
Il set era quello.
Non di un film, di un piccolo bar di periferia.
La spalla di “Lui” iniziò una rotazione all’indietro per imprimere violenza e coppia al braccio.
Non sarebbe partito il classico pugno, stile ring.
Peggio, molto peggio.
Nella rotazione della spalla caricava come una molla braccio ed avambraccio così da essere, il colpo, ancora più efficace.
Letale.
La sommatoria dei movimenti, affondo e dispiegamento, non avrebbe lasciato scampo al bellimbusto.
Solo all’ultimo istante, quando il colpo era ormai partito e quasi giunto a destinazione lo stronzo s’accorse che tra le mani di “Lui” c’era un oggetto appuntito.
La frazione di secondo successiva quell’oggetto appuntito lo sentiva nelle carni.
Il colpo partito dal basso aveva il target nella parte molle del viso sotto il mento.
La punta della lama stava lacerando la bella barba penetrando sotto la lingua e proseguendo con inaudita violenza in alto, verso il palato.
Spaccargli il palato fu questione di un fiotto di sangue in più.
La lama uscì dalla faccia di lui proprio tra il setto nasale e l’occhio destro.
Ed il feroce momento successivo determinato dallo stranimento di “Lui” quella mattina, fu di tirare verso il basso, ed ancora più a destra, la lama leggermente ricurva.
Un chirurgo non avrebbe potuto far nulla nella ipotesi di una sopravvivenza e successiva ricostruzione.
Un colpo diagonale, un colpo per uccidere.
Stramazzò a terra, con mandibola e mascella penzolanti.
Colpito da chi e da cosa forse lo avrebbero rivelato le telecamere di quell’infimo posto di periferia.
“Lui” se strafotte d’esser ripreso.
StiCazzi.
In un istante nel bar c’era solo lo stronzo a terra in un lago di sangue e la sua mogliettina inorridita.
“Lui” era sparito.
Un individuo dall’andatura claudicante s’allontanava pulendo la sporcizia sul coltello con un candido fazzoletto di lino.
La OBK era parcheggiata nella via dietro l’angolo.