DRIVING VOLVO XC60 D4

L’addio al cinque cilindri è impercettibile.

Il suono del motore in piena accelerazione è meno cupo del “dispari” svedese ma è altrettanto esaltante.

Ora è più acuto, meno sommesso.

Altrettanto coinvolgente al pari della accelerazione che grazie alla generosa coppia erogata azzera

le differenze emozionali.

fotografie (C) luca romano

di LUCA ROMANO – L’intro cita il suono cupo del cinque cilindri della XC60 D5 quale termine di paragone verso questo D4 di modernissima generazione abbinato al cambio ad otto rapporti Aisin. Cambio che, per l’azionamento veloce, adotta le palette dietro le razze del volante.
Chissà perchè il cinque cilindri resta, per me, un termine di paragone. Forse perché è uno dei motori che ho più “guidato” e che tante soddisfazioni mi ha dato? Forse. Certo che nella sua ultima configurazione con oltre duecento cavalli (211) mi ha dato tante “gioie“.
Una voce cupa, qualcuno l’ha descritta come roca, comunque sommessa e virile. Come si conviene ad una Volvo, l’automobile più “maschia” che ci sia. Lo dicono (dicevano) i sondaggi. A dispetto di certe pubblicità californiane, piuttosto “d’avanguardia”, oserei scrivere.
Roca, cupa, pensate e dite quel che volete resta il fatto – indiscutibile – che il D5 è un gran motore. Abbinato ai cambi “normali” Geartronic e Powershift, mi ha fatto divertire “manco poco”. Anche perché – di solito – abbinato ad una carrozzeria (XC60 o V70 e la sua derivata XC70) di gran classe, di quelle che fanno la differenza. Per stile, eleganza, classe, signorilità.
Scendere sul quattro cilindri è stato dunque un passo indietro? Neanche per idea, anzi!. Cambia la voce, certo scendono i cavalli ma che coppia signori miei. 400 Newton metri non sono uno scherzo. Polsi d’acciaio e geometria delle sospensioni di gran livello. Abbinato poi ad quattro supergomme con cerchi di 20 pollici, questo motore da’ filo da torcere a non pochi competitor.
Cambia la voce. E’ sempre entusiasmante ascoltare il regime del motore quando sotto la spinta del destro apre gli iniettori e inizia a spingere.
Qui la voce del D4 esprime in altro modo la sua mascolinità. Se siete stati in autodromo, magari piuttosto vicino al tracciato e non da una popolare tribuna VIP, avete – forse – idea di cosa io cerchi di descrivere. Il rumore delle moderne monoposto è un “sibilo urlato”. Qui – più o meno – è la stessa cosa. Il D4 non ha la voce cupa ma si fa sentire altrettanto bene ed è altrettanto entusiasmante. Forse perchè avendo passato un po’ di tempo a bordo pista quando il D4 è in accelerazione mi ricorda certi familiari rumori.
E’ un rumore metallico, non ruggisce, non è cupo. Forse, essendo Volvo creatura nordica – nelle foreste della penisola scandinava è un po’ difficile ascoltare un ruggito – forse, anzi certo è più facile sentire l’ululato: quindi alla voce di quelle creature può essere paragonato, assimilato. Avviso altrettanto chiaro di un essere dal carattere indomito e dallo spirito libero. Comunque vigoroso e potente. E’ un rumore con frequenze più alte, ma che genera – come l’ululato – altrettanti brividi nella schiena. Quando acceleri ed il D4 risponde è questo quello che provi. Con una potente spinta che si percepisce bene perché la pressione del corpo sullo schienale del sedile è in crescendo esponenziale con l’accelerazione. Rumore di motore mai fastidioso, mai invadente, anzi esaltante. Ecco: l’ispirazione. E’ un rumore a metà strada tra quello di un benzina ed un diesel. Solo che del diesel conserva quelle frequenze potenti e del benzina prende quelle più metalliche. Una sinfonia, si forse facevo prima a scrivere una sinfonia. Ma sarebbe stato banale e non descrittivo a sufficienza di quello che si prova guidando la XC60 D4.
Che poi: in venti giorni avrei voluto essere di più al volante. Ma chi fa il lavoro del “culo di pietra” in redazione se “perdo tempo” al volante?
Avrei essere di più al volante per apprezzare quelle sfumature nella dinamica di marcia quando guidi una Volvo. Che partono dal compiacimento d’essere al volante della Volvo più bella (e venduta), di godere di una posizione di guida confortevole ma che ti fa “sentire” la sua dinamica di marcia, di un abitacolo sobrio ma con materiali ed un assemblaggio d’alto livello. Per esempio: mai – scrivo MAI – trovato plastiche banali o, peggio, dozzinali su una Volvo. Neanche nel vano sotto il portaoggetti, dove l’occhio non vede e tu (costruttore “premium”) fai gli utili risparmiando sulla qualità “rifilata” al cliente. Vero “stellina” mia? (…Segue, domani mattina, presto…)

Ho appena lasciato la D4 dopo una ventina di giorni di test.

Il D4 non mi ha fatto rimpiangere la voce cupa del D5. Certo che 180 contro 211 (se non ricordo male) li senti.
Ma li senti perché devi cambiare un po’ lo stile di guida. E qui conta l’abitudine. Spogliandosi della quale, ritornando nella obiettività che si conviene ad uno “story teller”, e ricordando le dinamiche della marcia, con tutta obiettività, devi ammettere che puoi fare a meno delle tue abitudini. Nel senso che la XC60 D4 come si dice “c’è tutta”.
Molto soft quando vuoi la guida rilassata, energica quando premi il piede destro con determinazione sul pedale. Si, perché come scritto in apertura, il quattro cilindri, messo alla frusta dei suoi 181 cavalli e dei 400 (!) Newton metri di coppia ti leva ogni soddisfazione. 

E’ una automobile più giovane, più impulsiva, con un carattere effervescente che devi saper imbrigliare. 

Direi esuberante.

Pur consapevole del significato della parola,

questa è una definizione che si adatta bene al nuovo motore quattro cilindri. 

VOLVO XC60 D4
VOLVO XC60 D4

(C) Luca Romano